Il dato è allarmante: quasi la metà di tutte le polmoniti in Italia si prende in ospedale, ed è anche la forma più grave, con un tasso di mortalità del 18% contro quello del 7% di chi si ammala fuori.

Questo è quanto emerge da un importante studio sulle polmoniti presentato al centododicesimo Congresso della Società di Medicina Interna (SIMI), secondo cui il 18% delle polmoniti contratte in Italia è nosocomiale, ossia si causata da una infezione acquisita in ospedale, e un altro 30% si prende in seguito a frequenti contatti con strutture sanitarie come day hospital, in cronicari o in istituti per la riabilitazione.

«La polmonite nosocomiale e quella che insorge in comunità, ma che è associata a procedure sanitarie, sono le più gravi - spiega Mario Venditti del dipartimento di Sanità pubblica e malattie infettive al Policlinico Umberto I e professore alla Facoltà di Medicina della Sapienza di Roma - in quanto causate dagli stessi batteri che si sviluppano negli ambienti ospedalieri e si selezionano, diventando molto più resistenti agli antibiotici che qui vengono usati in dosi importanti».

La polmonite associata alle cure sanitarie (Hcap) dovrebbe quindi essere considerata una forma distinta e più pericolosa, secondo l’esperto, poiché comporta disturbi più gravi, una degenza maggiore in ospedale e un tasso di mortalità più alto.

Questo dato dovrebbe farci capire che rimanere in ospedale a lungo è pericoloso, perché è un ricettacolo di batteri. I ricoveri più lunghi del dovuto possono complicare le degenze con malattie e infezioni che portano fino alla morte. Insomma, sarebbe raccomandabile, anche per i visitatori, soprattutto se bambini, di frequentare troppo l’ospedale e cercare di orientarci sempre più verso le cure domiciliari.