Anoressia: un pacemaker nel cervello per curarla
Benessere - Articoli
Scritto da Letizia Perugia     Giovedì 07 Marzo 2013 15:39 Stampa
anoressiaPer curare l'anoressia basterebbe un pacemaker impiantato nel cervello: la bizzarra idea l'hanno avuta dei neurochirurghi canadesi. Ancora più bizzarro è che l'idea ha funzionato: su sei persone trattate, la metà ha mostrato un miglioramento del tono dell'umore e del'indice di massa corporea (cioè del peso).

La stimolazione cerebrale profonda è stata già usata per trattare alcuni disordini neurologici (il Parkinson e il dolore cronico) ed è in sperimentazione per la cura di certe forme di depressione e di epilessia. Questa è la prima volta però che viene utilizzata su pazienti anoressici.

Anoressia
L'impianto richiede una procedura chirurgica ma, è comunque poco invasivo ed è reversibile. I ricercatori del Krembil Neuroscience Centre e dell'University Health Network in Canada, guidati da Andres Lozano, un pioniere delle tecnica, hanno usato la risonanza magnetica per identificare una specifica area cerebrale (il corpo calloso, un insieme di fibre nervose che divide il lobo destro da quello sinistro del cervello).

In questa hanno impiantato gli elettrodi collegati a un generatore di impulsi inserito sotto la pelle. La scelta del corpo calloso è stata fatta perchè le alterazioni di questa area cerebrale erano già state dimostrate, prima, nei pazienti con depressione e, poi, in quelli anoressici.

I ricercatori hanno attivato il dispositivo dieci giorni dopo l'intervento e hanno misurato dei parametri: nel giro di alcuni mesi (la stimolazione funziona dopo un certo periodo di tempo) hanno rilevato che cinque pazienti su sei cominciavano ad acquisire peso (o a mantenerlo stabile) e a migliorare il tono dell'umore.

Le pazienti erano tutte donne fra i 24 e i 57 anni che convivevano con la malattia da un minimo di quattro anni fino a 37. Lo studio aveva inizialmente come obiettivo di stabilire la sicurezza della metodica. Ha invece dimostrato anche l'efficacia.

L'anoressia è uno dei cosiddetti disordini psichiatrici che ha il più alto tasso di mortalità ed è il più comune fra le giovani donne con età compresa fra i 15 e i 19 anni. Il trattamento standard si basa sul comportamento, ma il 20% dei pazienti non ne trae beneficio e rischia una morte prematura. Adesso sembra che si intraveda una nuova soluzione terapeutica.

Lo studio è stato pubblicato su Lancet e Janet Treasure e Ulrike Schmidt del King's College di Londra hanno dichiarato che i costi personali e sociali dei disturbi del comportamento alimentare sono enormi.

I risultati di questa ricerca sono importanti soprattutto perché dimostrano che la stimolazione cerebrale non è l'ennesimo trattamento che ha come obiettivo di far ingrassare, ma una cura fa sentire meglio.

Questo studio dimostra anche come sia possibile agire a livello celebrale per curare disturbi quali quelli legati al nostro umore che può generare scompensi e degenerare in vere e proprie malattie come l'anoressia e la bulimia.
 

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