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Quando il bebè non arriva: i primi esami da fare
Concepimento - Articoli
Scritto da Eva Forte     Venerdì 07 Giugno 2019 17:21    Stampa E-mail
wood-951875 640Inizialmente il ginecologo prescrive degli esami semplici e per nulla invasivi che consentono di tracciare un primo quadro clinico della coppia.
Nella donna le indagini diagnostiche di base sono volte a valutare la funzionalità ovarica e la regolarità anatomica degli organi pelvici.
Si effettuano quindi:
- ecografia pelvica
- monitoraggio ecografico
- misurazione della temperatura basale
- dosaggi ormonali
Nell’uomo il primo e più importante controllo mira a determinare la quantità e qualità del liquido seminale attraverso un esame chiamato: 
 
- spermiogramma

 
Ecografia pelvica

 
L'ecografia pelvica fornisce al medico importanti informazioni sul funzionamento e sullo stato degli organi riproduttivi femminili.
L’esame permette infatti di valutare forma e dimensioni dell’utero e di verificare se lo spessore e lo sviluppo dello stesso è regolare per la fase del ciclo in cui si trova la paziente, infine consente di diagnosticare fibromi uterini, miomi, polipi e di controllare le ovaie evidenziando l’eventuale presenza di cisti ovariche o di ovaio micropolicistico.
Di norma l’ecografia viene effettuata per via transvaginale per ottenere una maggiore precisione delle immagini.

 
Monitoraggio ecografico

 
Consiste in una serie di ecografie transvaginali ripetute nel corso dello stesso ciclo mestruale.
In questo modo il medico può seguire la crescita dei follicoli (misurandone le dimensioni di volta in volta) verificando se l’ovulazione avviene regolarmente e il processo di sviluppo dell’endometrio.

 
Misurazione della temperatura basale

E’ un metodo semplice e naturale per seguire le variazioni del ciclo e controllare se è ovulatorio.
Nella fase follicolare il livello di progesterone in circolo è ridotto e la temperatura basale si mantiene bassa (normalmente sotto i 37°), dopo l’ovulazione con l’aumento dei valori di progesterone sale anche la temperatura (sopra i 37°).
La variazione fra la temperatura media della prima fase del ciclo e la temperatura della seconda fase deve essere di almeno 3 decimi di grado.
Questo andamento è detto bifasico ed è espressione di un corretto funzionamento delle ovaie e di ovulazione.
La temperatura va misurata con un termometro, meglio se digitale, ogni mattina prima ancora di alzarsi dal letto e di iniziare qualsiasi attività e dopo aver riposato almeno 4-5 ore.
E’ preferibile misurare la temperatura per via rettale o vaginale in quanto la via orale è meno attendibile, è comunque fondamentale scegliere un metodo e mantenerlo per tutto il ciclo.
I valori della temperatura possono essere registrati su un grafico per determinare la curva.
E’ importante misurare la temperatura per più cicli, infatti occasionalmente è possibile avere un ciclo anovulatorio, come può accadere il contrario ossia che una donna con cicli anovulatori in quel mese presenti eccezionalmente un’ovulazione.
Si consiglia quindi di rilevare la temperatura almeno per qualche ciclo.
Ci sono inoltre alcuni fattori quali febbre, influenza, alcool, farmaci anoressizzanti, utilizzo di un nuovo termometro, mancato rispetto del riposo, che possono influenzare la temperatura.
Si raccomanda quindi di tenerne conto.
La temperatura basale permette di controllare l’andamento regolare del ciclo ma segnala l’ovulazione (attraverso il rialzo della temperatura) solo dopo che è avvenuta, quindi non è un metodo efficace per mirare i rapporti.
Può invece segnalare con anticipo la gravidanza.
In prossimità delle mestruazioni, infatti, se non vi è stata fecondazione dell’ovulo la temperatura cala bruscamente.
Quindi una temperatura che si mantiene elevata nei giorni in cui era previsto il ciclo mestruale può essere indice di avvenuto concepimento.

 
Dosaggi ormonali

 
Sono esami  che vengono effettuati su un campione di sangue.
La donna effettuerà quindi un semplice prelievo in laboratorio.
Lo scopo è di misurare il valore di specifici ormoni per controllare se vi sono squilibri che possono spiegare il mancato concepimento.
I dosaggi forniscono utili informazioni sull’età biologica dell’ovaio (riserva ovarica), sulla situazione endocrina e segnalano patologie quali ovaio policistico, menopausa precoce o disfunzioni dell’asse ipotalamo-ipofisi.
Alcuni esami vanno eseguiti entro il 5 giorno del ciclo, normalmente si preferisce effettuare il prelievo fra il 2° e 3° giorno.
Gli ormoni testati entro il 5° giorno sono:

  1. FSH
  2. LH
  3. Estradiolo
 

 
FSH (ormone follicolostimolante)

Come abbiamo visto l’FSH è l’ormone legato allo sviluppo dei follicoli.
Determinare il valore di questo ormone all’inizio del ciclo consente di controllare la riserva ovarica nella donna.
Un valore troppo elevato è segnale di una riduzione della riserva ovarica.
Normalmente si considera elevato un valore superiore a 10 mU/mL, ma l’indicazione dipende dall’età della donna.
Un valore pari a 10, infatti, è considerato mediocre per una donna di 20 anni mentre è decisamente buono per una donna di 35/40 anni.
LH (Ormone Luteinizzante)

 
La produzione dell’ormone luteinizzante è esigua durante le mestruazioni, aumenta in prossimità dell’ovulazione e i livelli si mantengono elevati fino al giorno della mestruazione.
Il valore di tale ormone al 3° giorno del ciclo dovrebbe essere simile al valore dell’FSH, se è più elevato potrebbe essere il segnale di particolari patologie come la sindrome dell'ovaio policistico.

 
                                                        
Estradiolo (17-beta-estradiolo, E2)
E’ un ormone prodotto dal follicolo a sua volta stimolato dall’FSH.
La sua concentrazione aumenta in maniera progressiva e incide sulla produzione di altri due ormoni, a mano a mano che aumenta, infatti, l’estradiolo agisce da inibitore sulla secrezione di FSH mentre stimola la secrezione di LH fino a determinare il picco ovulatorio.
Il valore basale al 3° giorno del ciclo permette di valutare la riserva ovarica e la presenza di cisti funzionali.

 
Valori di riferimento:

 
 

FSH

LH

E2

Fase follicolare

5-20 mlU/ml

2-30 mlU/ml

0.5-3.5 ng/dl

Picco ovulatorio

12-30 mlU/ml

40-200 mlU/ml

11.5-40 ng/dl

Fase luteale

5-15 mlU/ml

2-20 mlU/ml

100-150 ng/dl

Menopausa

40-200 mlU/ml

35-200 mlU/ml

5-27 ng/dl

 
 

 
Nella seconda fase del ciclo, invece, vengono effettuati dei dosaggi come strumento di diagnostica dell'ovulazione.
Uno degli ormoni più importanti testato nella fase luteale è:

 
- progesterone

 
Progesterone

Dopo l’ovulazione l’ovocita si trasforma in corpo luteo e produce progesterone, ormone che agisce sulla proliferazione dell’’endometrio e lo prepara ad accogliere l’embrione.
Il dosaggio del progesterone quindi deve avvenire nella fase luteinica.
Normalmente si effettua a distanza di 7 giorni dalla presunta ovulazione, quindi su un ciclo regolare di 28 giorni il prelievo è consigliato intorno al 21° giorno.
Il valore dovrebbe essere intorno ai 10 ng/ml.
Il dosaggio del progesterone seppur importante ai fini diagnostici, non permette comunque di determinare con certezza l’avvenuta ovulazione. Il follicolo infatti può trasformarsi in corpo luteo e quindi produrre progesterone, anche se non è avvenuta l’ovulazione.
Per questo spesso all’esame ematico del progesterone viene associato un ciclo di monitoraggi ecografici.
Dosaggi ripetuti a distanza di qualche giorno vengono inoltre prescritti quando c’è il sospetto di insufficienza della fase luteale.
Questi controlli si effettuano se la seconda fase del ciclo ha una durata molto breve per valutare se vi è una riduzione prematura della produzione di progesterone che porta ad uno sfaldamento precoce dell’endometrio rendendo quindi impossibile  l’impianto dell’embrione.
Di fronte ad un’accertata insufficienza luteinica normalmente viene prescritta una terapia di supporto attraverso la somministrazione di progesterone a mezzo ovuli o candelette vaginali. 

Per completare il quadro ormonale, vengono normalmente prescritti una serie di altri esami che possono essere effettuati in qualsiasi momento del ciclo.
Sono:

  1. prolattina
  2. ormoni tiroidei
  3. testosterone
  4. Delta-4
  5. DEHA-S
Prolattina

 
È un ormone prodotto dall’ipofisi, la sua concentrazione aumenta durante la gravidanza per preparare la ghiandola mammaria e dopo il parto per regolare la produzione del latte.
Se non si è in presenza di una gravidanza e il valore è alto allora si parla di iperprolattinemia. 
L’aumento della prolattina può portare a delle irregolarità mestruali quali polimenorrea, l’abbreviazione del ciclo, spotting, fino alla completa assenza delle mestruazioni.
Un’alta concentrazione di quest’ormone inoltre ha un’azione anti-ovulatoria quindi può interferire con il concepimento. E’ necessario che i livelli di Prolattina siano misurati almeno su due campioni di sangue prelevati in condizioni di riposo e relativa tranquillità; la prolattina è infatti uno “stress hormone” e  anche la tensione relativa all’introduzione dell’ago può creare un temporaneo rialzo. 
Si definisce così la curva ossia l’andamento della prolattina.
Se i valori sono elevati o superiori alla norma, si procede con gli accertamenti.
L’iperprolattinemia infatti può essere espressione di un adenoma ipofisario, e per questo possono essere prescritte indagini radiologiche, oppure di ipotirodismo, un riduzione della funzione della tiroide, di problemi epatici o renali, di policistosi ovarica.
Un eccessiva produzione di prolattina può essere causata anche da una forte condizione di stress oppure dall’assunzione di farmaci quali antidepressivi e antistaminici, terapie ormonali a base di estrogeni e progesterone (pillola contraccettiva).
Escluse eventuali patologie, il valore può essere abbassato somministrando alla paziente un farmaco per alcuni mesi precedenti al concepimento.
Durante la terapia farmacologia si consiglia di non avere rapporti a rischio e di attendere almeno un mese per il concepimento, dopo il trattamento.

 
Ormoni tiroidei

 
Il TSH è l’ormone tireotropo secreto dalle cellule dell’ipofisi e controlla la produzione ormonale della tiroide.
Il TSH infatti funziona da regolatore se la tiroide funziona poco e quindi i livelli di ormone tiroideo sono bassi stimola la tiroide a liberarne di più, mentre se l’ormone tiroideo in circolazione è in eccesso, allora il TSH rallenta la produzione di ormone da parte della ghiandola tiroidea.
La tiroide infatti è una ghiandola endocrina che ha il compito di produrre un ormone, chiamato tiroxina, in due forme diverse composte da 3 o da 4 atomi che definite T3 e T4.
Questi ormoni si legano a proteine che attraverso il sangue li fanno arrivare ai tessuti dove vengono liberati.
Negli esami di laboratorio quindi, viene ricercata la forma libera di questi due ormoni che è nota con la sigla di FT3 e FT4. 
Valori al di fuori della norma di questi ormoni possono essere indice di ipotiroidismo, ipertiroidismo, adenomi ipofisari.
Le disfunzioni della tiroide possono incidere sulla fertilità della donna per questo nel corso degli accertamenti il medico prescrive gli appositi esami di controllo.

 
Testosterone

 
E’ un ormone steroide che nelle donne è il prodotto intermedio della sintesi degli estrogeni.
Un valore elevato di testosterone nella donna (iperandrogenismo) può portare ad un ovaio micropolicistico o causare cicli anovulatori.

 
Delta-4-androstenedione

 
E’ il principale ormone androgeno prodotto dalle ovaie.
Valori elevati orientano verso la diagnosi di una policistosi ovarica.

 
DHEA

 
Il deidroepiandrosterone e' un debole androgeno secreto quasi esclusivamente dal surrene (95%), nel sangue circola soprattutto legato all’albumina per questo si dosa sotto questa forma (DHEAS).

 
I valori dei dosaggi ormonali devono essere valutati dal medico.
Solo la competenza e la preparazione del ginecologo infatti assicurano una corretta interpretazione dei dati.

 
Spermiogramma

 
E’ l’esame del liquido seminale.
L’uomo mediante masturbazione produce un campione di seme che va raccolto in un contenitore sterile.
La soluzione ottimale sarebbe quella di produrre il seme direttamente in laboratorio, ma se questo crea disagio può essere raccolto a casa purchè venga consegnato al laboratorio entro un’ora e sia tenuto al riparo da sbalzi di temperatura.
In vista dell’esame è necessario osservare un periodo di astinenza di 3-5 giorni.
Dallo spermiogramma si ottengono importanti informazioni sul livello di fertilità dell’uomo, sulla qualità e quantità dei suoi spermatozoi.
I risultati tuttavia non sono determinanti.
Spesso si ripete l’esame a distanza di qualche settimana soprattutto se il risultato è negativo o comunque anomalo, in quanto fattori esterni quali l’assunzione di particolari farmaci, il mancato rispetto del periodo di astinenza, l’errata conservazione del campione ecc ecc, possono aver alterato il campione.

 
La prima valutazione che il laboratorio effettua è quella macroscopica determinandone:

  • volume (1,5 - 5 ml)
  • colore (nella norma)
  • viscosità (nella norma)
  • liquefazione (nella norma)
  • PH (7-8)
 

 
L'analisi microscopica controlla invece la quantità e qualità degli spermatozoi determinandone:

  • numero: ossia la concentrazione per ml (> 20 milioni)
  • motilità: ossia il movimento degli spermatozoi ( = o > 50%)
Il parametro distingue la motilità degli spermatozoi presenti nel campione suddividendola in:

  • rettilinea, progressiva, rapida (gli spermatozoi avanzano linearmente e velocemente)
  • rettilinea, lenta o non lineare (gli spermatozoi avanzano linearmente ma lentamente
  • non progressiva (gli spermatozoi seppur mobili non avanzano)
  • immobilità (gli spermatozoi non producono movimento).
 

  • morfologia: ossia la conformazione degli spermatozoi (forme normali >30%)
Uno spermatozoo morfologicamente normale presenta specifiche caratteristiche di testa, corpo e coda, diversamente viene considerato anormale.

  • agglutinazioni: ossia la presenza di spermatozoi raggruppati e agglomerati fra loro
Vengono effettuate infine altre indagini per la ricerca di:

  • Cellule: presenza di cellule all’interno del liquido seminale quali eritrociti, leucociti o batteri che possono essere indice di un’infezione.
  • Anticorpi anti spermatozoi (ASA): di fronte a scarsa motilità o numerose agglutinazioni si procede con la ricerca degli anticorpi anti anti-spermatozoo.
    Può infatti accadere che l’organismo dell’uomo a causa di una disfunzione riconosca gli spermatozoi come sostanze estranee e sviluppi anticorpi che immobilizzano gli spermatozoi o li porta a raggrupparsi fra loro (agglutinazione).
 

 
I risultati dello spermiogramma posso riscontrare una alterazione del liquido seminale, che a seconda del problema, viene classificata come:

  • aspermia: assenza di liquido seminale
 

  • ipospermia: volume del seme ridotto (meno di 0,5 ml)
  • iperspermia: volume del seme eccessivo (più di 6 ml)
  • oligospermia: ridotta quantità di spermatozoi che può essere
  • modesta ( < 20 milioni/ml > 10 milioni/ml)
  • discreta (<10 milioni/ml > ai 5 milioni/ml)
  • severa (< 5 milioni/ml).
 

  • azoospermia: totale mancanza di spermatozoi nel liquido seminale
  • astenospermia: ridotta motilità degli spermatozoi, che può essere:
 

  • modesta (motilità dopo 60 minuti tra 30 e 40%)
  • discreta (motilità dopo 60 minuti tra 20 e 30%
  • severa (motilità dopo 60 minuti sotto il 20 %)
  • teratospermia: alterazioni della morfologia superiori alla norma
 
La quantità e qualità del seme sono molto importanti in quanto gli spermatozoi per arrivare all’ovulo devono superare numerosi ostacoli.
La prima barriera è costituita dal muco.
Anche nel periodo dell’ovulazione infatti una larga percentuale di spermatozoi, soprattutto quelli con forme anomale, vengono trattenuti dalle maglie del muco (che ha una struttura a rete).
Una seconda selezione avviene prima che gli spermatozoi arrivino alle tube, dove si calcola  vengano persi 2/3 di quelli che hanno superato il collo dell’utero.
Nonostante questo percorso difficoltoso, a due ore dal rapporto gli spermatozoi “sopravvissuti” raggiungono le tube aiutati, oltre che dal movimento della loro coda, anche dalle contrazioni dei muscoli uterini e dalle ciglia che rivestono la parete delle tube.
Arrivati a destinazione molti si perdono nella cavità peritoneale, altri si avvicinano all’ovulo dove attraverso un processo enzimatico avviene l’attivazione degli spermatozoi. 
La presenza nella corona radiata (il “guscio” che protegge l’ovulo) di particolari enzimi elimina il rivestimento degli spermatozoi e li prepara alla fusione con l’ovulo. Gli spermatozoi a loro volta sprigionano dalla testa un enzima che attacca la zona pellucida che riveste l’ovulo, indebolendola fino a quando uno di essi riesce ad aprirsi un varco e ad introdurre la testa nell’ovulo fecondandolo.
A questo punto si assiste all’attivazione dell’ovulo.
La testa dello spermatozoo entra sempre più in profondità fondendosi, la coda rimasta parzialmente all’esterno dell’ovulo viene assorbita.
Con l’attivazione dell’ovulo viene bloccata automaticamente l’entrata di altri spermatozoi che rimangono quindi all’esterno dell’ovulo e lentamente muoiono.
Quindi anche se lo spermatozoo che penetrerà l’ovulo sarà solo uno, la fecondazione può avvenire solo in presenza di un numero di spermatozoi adeguato.
Solo poche migliaia infatti riescono a raggiungere l’ovulo, e la loro presenza è fondamentale perché con i loro enzimi indeboliscono il rivestimento dell’ovulo permettendo poi ad uno di essi di fecondarlo.
Ecco perché nell’eiaculato vi deve essere almeno un certo numero di spermatozoi e perché la motilità e qualità degli stessi sono così importanti. 
E’ altrettanto importante che gli spermatozoi che arrivano all’ovulo non siano in eccesso perché in questo caso c’è il rischio che più d’uno riesca a fecondarlo e quindi l’ovulo degeneri senza svilupparsi.

Quando iniziare le indagini?

Ogni mese la coppia ha una probabilità del 25% di ottenere una gravidanza. Normalmente dopo 12 mesi di rapporti mirati senza risultati, si può parlare di infertilità di coppia e quindi procedere con le indagini. L’intervallo di tempo varia comunque in base ad alcuni fattori come le condizioni di salute della coppia e l’età, soprattutto quella della donna. Gli ovuli infatti, con il trascorrere del tempo, perdono vitalità e riducono la capacità di svilupparsi regolarmente. A 20 anni la donna ha il 35 % di possibilità di rimanere incinta per ogni ciclo di rapporti non protetti, a 30 il 30% mentre a 40 il 10%.
 

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