Fertilità: la proteina della Montalcini stimola l'ovulazione
Concepimento - Articoli
Scritto da Angela Messina     Lunedì 27 Agosto 2012 08:00 Stampa
ovulazioneLa NGF (nerve growth factor), la proteina scoperta negli anni '50 da Rita Levi Montalcini e dall'americano Stanley Cohen, premiata col Nobel nel 1968 e studiata continuamente negli anni a seguire, mostra ogni giorno di più le sue straordinarie potenzialità, che possono essere usate in svariati campi.

Dai risultati di una ricerca canadese del professor Greg Adams una delle sue potenzialità è quello della fertilità: il team dell’Università del Saskatchewan, infatti, stava conducendo degli studi sull’accoppiamento animale e aveva notato che i maschi di alcune specie animali (cammello, lama, coniglio) inviano dei veri e propri segnali al cervello delle femmine per cominciare a produrre ovuli.

ritalevimontalcini
Approfondendo lo studio si è visto che, quando nello sperma del maschio è presente la proteina NGF, la femmina la recepisce e dal suo cervello parte l’ordine di preparare il corpo all’accoppiamento. I test condotti anche su altre specie animali con dei preparati medici contenenti la proteina, hanno dimostrato che nelle mucche, ad esempio, il trattamento ha migliorato lo sviluppo del corpo luteo, ghiandola che si forma dopo l’ovulazione e genera degli ormoni fondamentali per il buon mantenimento della gravidanza.

L’OIF / NGF potrebbe funzionare in modo diverso da animale ad animale, ma è presente in tutti i mammiferi studiati fino ad ora, dai lama, ai bovini e ai koala, ai suini, conigli, topi, e agli esseri umani. Ciò implica che abbiano un ruolo importante nella riproduzione in tutti i mammiferi. Proprio il funzionamento, il suo ruolo in diverse specie, e la sua rilevanza clinica nella sterilità umana sono alcune delle domande che rimangono senza risposta.

Da studi precedenti svolti da altri ricercatori si sa inoltre che anche nell’uomo, che come mucca e topo non richiede l’induzione dell’ovulazione, questo fattore e i suoi recettori sono presenti nelle ovaie. Secondo l’ipotesi avanzata da Sergio Ojeda, dell’Università dell’Oregon, OIF/NGF è coinvolto localmente nella maturazione e nello sviluppo degli ovociti.

Secondo Adams invece questo fattore agirebbe quindi come un ormone a distanza che dal liquido seminale, passando attraverso le pareti vaginali, entra nel circolo sanguigno per arrivare al cervello della donna, dove stimola il rilascio di ormoni che a loro volta agiscono sulle ovaie, con importanti conseguenze negli studi sulla fertilità umana.
 

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