Trattamento sanitario obbligatorio per combattere depressione post-partum e infanticidio
Gravidanza - Articoli
Scritto da Maria Ida Longo     Venerdì 04 Giugno 2010 15:27 Stampa
Una donna con depressione post-partum uccide il proprio bamino solo perchè piange Ogni anno sentiamo notizie terribili di infanticidio da parte di madri affette da depressione post- partum; l’ultima qualche giorno fa a Passo Corese in provincia di Rieti, dove una giovane madre ha ucciso il proprio bambino di appena 6 mesi, lanciandolo dal balcone.

Alla luce di questi terribili fatti, Giorgio Vittori, presidente della Sigo (Società italiana di ginecologia e ostetricia), e Antonio Picano, presidente dell'Associazione Strade onlus, hanno presentato al Ministro della Salute, Ferruccio Fazio, la proposta di un trattamento obbligatorio extraospedaliero per le madri affette da depressione post partum a rischio di infanticidio, proponendo quindi di applicare la procedura del Tso (Trattamento sanitario Obbligatorio) e di adottare limitazioni della libertà personale per ragioni di cura, all'interno dell'abitazione del paziente.

Mille donne ogni anno sono a rischio di infanticidio a causa della depressione post-partum

Gli esperti calcolano che ogni anno 50-75 mila mamme italiane vengono colpite da questa terribile forma di depressione e mille di queste sono a rischio infanticidio, così per tutelare sia la madre che il bambino, un'equipe specializzata potrebbe occuparsi continuativamente 24 ore su 24 delle donne con comportamenti potenzialmente omicidi.

Giorgio Vittori spiega che, la depressione post- partum si può prevenire, grazie soprattutto ai ginecologi italiani che dovrebbero fare da sentinella contro questa triste emergenza, cercando di captare prima possibile i segnali che verrebbero identificati come campanelli d’allarme.

Ecco i primi segni importanti da tenere sotto controllo con le relative percentuali di rischio: ansia o depressione durante la gravidanza, una storia personale o familiare di depressione (81%), precedenti casi di depressione post partum (78%), isolamento o condizioni socioeconomiche svantaggiate (63%) e problemi con il partner (58%).

Secondo Vittori,  nonostante i numeri del fenomeno siano preoccupanti, il rischio di sviluppare depressione viene valutato di routine e solo dal 30% dai ginecologi durante gli incontri pre-parto, mentre solo nel 45% delle strutture è previsto un monitoraggio delle mamme a rischio.

Questi sono i dati raccolti dalla Sigo tra i propri soci e alla base di questo c’è la campagna nazionale attiva dal 2008 “Non lasciamole sole”, con l’obbiettivo di costruire una rete di protezione per tutelare soprattutto le donne più fragili.

Il progetto ha coinvolto vari specialisti: il ginecologo, come prima figura di riferimento (molto importante per il 63%), lo psicologo (59%), l'ostetrica (52%), il medico di famiglia (30%) e il pediatra (24%); inoltre è importante un concreto impegno delle autorità nazionali e locali, anche dal punto di vista organizzativo-gestionale, ma soprattutto una stretta collaborazione con le donne e i loro familiari.

Secondo Picano, la donna affetta da depressione post-partum non può essere trattata come un normale delinquente, in quanto l'impulso di eliminare il proprio figlio è una forza estranea alla volontà della persona, contro la quale la donna depressa lotta continuamente e di cui si vergogna talmente tanto da portarla a non parlarne con nessuno, quindi occorre una corretta diagnosi e una terapia farmacologica per salvare un bambino dalla morte e una donna dal dramma e dal carcere.

Fonte: Adnkronos
 

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