Una donna di 27 è in attesa di giudizio per aver somministrato al feto sostanze stupefacenti. La madre è stata accusata dal tribunale di Cremona; è il primo caso in Italia quello discusso davanti al gup Guido Salvini al quale il pm Fabio Saponara ha chiesto di rinviare a giudizio la donna, mentre il difensore Simona Bracchi ha insistito perchè venisse dichiarato il non luogo a procedere. La madre deve anche rispondere di lesione personale grave, ma poichè il bambino non ha avuto rischi per la salute, lo stesso pm ha ritenuto che vada scagionata.

Alla madre si contesta la violazione dell'articolo 73 del Dpr 309/90: detenzione di stupefacente ai fini di spaccio. La norma punisce la vendita o la cessione; non è prevista la somministrazione, circostanza che l'avvocato Bracchi ha evidenziato in una delle tre memorie depositate al giudice Salvini.L’assunzione di droga nel momento più delicato della vita di una donna può infatti causare gravi danni al nascituro che si nutre e cresce grazie alle sostanze ingerite dalla madre. L’analisi delle urine della 27enne hanno confermato la presenza di tracce di oppiacei e, di conseguenza, alla nascita del bambino sono stati riscontrati sintomi da sospetta crisi d’astinenza. Ora il bimbo è stato dato in affidamento e sta bene.

Secondo l’avvocato Simona Bracchi, difensore della donna, “il feto non è un soggetto ricettizio, pertanto non può essere considerato un soggetto terzo ricevente sostanze stupefacenti. Sicuramente non tramite vendita, ma neppure a mezzo di cessione, poiché tale condotta si diversifica dalla prima non essendo previsto un corrispettivo. Comunque, per entrambe le condotte citate, esse non possono estendersi ad una unica persona, contemporaneamente cessionaria ed assuntrice della medesima droga”.

La decisione sul futuro di madre e figlio è prevista per il prossimo 7 luglio, quando il gup Guido Salvini chiarirà se drogare un feto può diventare un reato.