I giovani non vedono i pasti come momenti di condivisione
Bambini - Articoli
Scritto da Letizia Perugia     Lunedì 24 Novembre 2014 08:52 Stampa
AdolescentiPer i ragazzi italiani il pasto non è un momento di condivisione: lo ha svelato la VI edizione dell'Osservatorio Nestlé-Fondazione ADI, presentata durante il XXI congresso nazionale dell'Associazione di Dietetica e Nutrizione clinica. 
 
L'analisi dei dati raccolti nel corso di 50 mila interviste ha fatto emergere che se per il 59% dei partecipanti  (figli e genitori) il momento in cui ci si riunisce per mangiare è un momento di condivisione e convivialità, per il 33% dei ragazzi stare a tavola è puramente una necessità fisica.
 
Famiglia a tavola

Strano a dirsi, ma i figli sono più bravi dei genitori in quanto ad abitudini alimentari: ben l'84% dei ragazzi non salta mai i pasti, con gli under 14 questa percentuale sale all'89%, fino ai 18 anni nell'85% dei casi non si salta mai la colazione.
 
Fino ai 17 anni i ragazzi italiani sono un modello di regolarità nell'alimentazione e la maggior parte non salta mai né la colazione né un altro degli altri pasti. 
 
Una volta passati ai 18 anni, sono diverse le cattive abitudini che prendono il sopravvento.
 
Giuseppe Fatati, presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio, spiega che la colpa ricade almeno in parte sull'intromissione della tecnologia. 
 
Solo 2 ragazzi su 3 parlano con i loro commensali, 1 su 5, soprattutto ragazze, quando è a tavola usa il cellulare e nel 73% dei casi si guarda la tv.
 
Telefonini, pc e televisione giocano un ruolo troppo influente per i più giovani durante i pasti, non si tratta solo di buona educazione ma di un’abitudine a stare altrove e a non percepire il gusto, il piacere e la varietà del cibo, con le relative conseguenze.
 
L'ADI, la scorsa estate, aveva riportato l'attenzione sull'importanza di dedicare il giusto tempo all'alimentazione, ricordando che la Dieta Mediterranea radicata nelle nostre tradizioni agronomiche è anche una “dieta del tempo”.
 
La risposta cerebrale agli stimoli alimentari può essere diversa da individuo a individuo, influenzare i comportamenti alimentari e dagli stessi essere influenzata. 
 
L’uso distratto di innumerevoli frammenti di informazioni può farci perdere la capacità di concentrazione e ragionamento anche riguardo ad una funzione fondamentale come l’alimentazione.
 
I genitori dovrebbero capire quanto il loro esempio può specchiarsi nel comportamento dei figli e avviare un circolo virtuoso che non può partire solo dalle istituzioni.
 
Il problema, ha spiegato Giuseppe Fatati, presidente della Fondazione ADI e coordinatore scientifico dello studio, è associato ai primi pasti fuori casa. 
 
Il 36% del campione intervistato mangia lontano dalla propria abitazione 1 o 2 volte alla settimana, questo porta a cambiamenti nella ppropria dieta che possono far perdere le sane abitudini seguite fino a poco tempo prima.
 
Mangiare fuori casa comporta uno sforzo in più per riuscire a trovare tempo e luogo per assumere un pasto equilibrato
 
Si inizia quindi ad alterare il regime alimentare della giornata senza neppure compensare con una maggiore convivialità, vengono modificati i bioritmi temporali che coinvolgono funzioni essenziali come quella del sonno. 
 
Si comincia a mangiare tardi, si rincasa tardi, si dorme di meno e spesso al pasto fuori casa corrisponde una riduzione della qualità e della quantità del sonno che è una delle cause eziopatogenetiche del sovrappeso.
 
 

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