Alzheimer: è possibile scoprirlo in tempo?
Benessere - Articoli
Scritto da Martina Paolucci     Venerdì 26 Agosto 2011 12:30 Stampa
Alzheimer: è possibile scoprirlo in tempo?Meglio prevenire che curare, si ripete continuamente in ambito medico e non, perchè scoprire il problema precocemente può essere la vera soluzione contro malattie più o meno letali, ma sicuramente problematiche, che possono colpire il nostro organismo.

Purtroppo, finora, non tutte le malattie vengono individuate abbastanza presto da rendere veramente efficaci le cure. Nel caso del morbo di Alzheimer, malattia che continua a miete numerose vittime, rubando ai malati la memoria della propria vita e ai familiari la gioia di passare del tempo con i propri cari, la questione, fino ad oggi, era piuttosto delicata: questa patologia, infatti, veniva individuata e diagnosticata solo alla presenza di placche di beta-amiloide nel cervello che, però, indicano uno stato già abbastanza avanzato della malattia.

Alzheimer: è possibile scoprirlo in tempo?
Nuove aspettative, però, emergono da uno studio che i ricercatori della Mayo Clinic di Londra stanno conducendo su un gruppo di anziani volontari di età superiore ai 70 anni, tutti perfettamente sani. L'obiettivo della ricerca è capire se, effettivamente, esiste un modo di scoprire la presenza della malattia molto prima della comparsa delle placche, in modo tale da trattare il paziente ancor prima che queste formino e annullino qualsiasi speranza di guarigione o, quanto meno, di miglioramento. Per monitorare i pazienti è stata usata una spettrometria di risonanza con protoni, che serve a capire se qualcuno dei volontari presenti anomalie nei livelli metaboliti cerebrali, delle scansioni per osservare eventuali depositi di materiale che potrebbero dare origine alle placche e dei test di linguaggio e memoria che, nel tempo, verranno raffrontati per trarne le tanto attese conclusioni.

La speranza, dichiara il dottor J.M.Schott, è di identificare gli individui affetti ancor prima che i sintomi si mostrino esplicitamente, così da avere una potenziale finestra di opportunità di nuovi trattamenti molto più ampia di quella attuale, quantto meno ritardando l'effettoprovocato dal morbo sulla mente umana. Intanto, si segue la traccia relativa al rapporto tra i depositi di beta-amiloide e i cambiamenti metabolici nel cervello, che sembrerebbero essere la prova della presenza della malattia al suo esordio. 
 

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