Un animale in casa fa bene al cuore del padrone
Benessere - Articoli
Scritto da Carmela Pelaia     Giovedì 16 Febbraio 2012 10:15 Stampa
cane_gattoLe persone affette da malattie cardiache traggono grande giovamento dalla presenza in casa di un animale (sia esso cane, gatto, coniglio, uccellino o pesce) perché hanno una variabilità maggiore della frequenza cardiaca, con il cuore che risponde meglio alle esigenze del corpo come in un periodo di stress.

Gli animali sembra che svolgano una funzione di sostegno sociale e possano soddisfare alcune esigenze legate al bisogno di compagnia.

un animale in casa fa bene al cuore del padroneSecondo il professore giapponese Naoko Aiba, che ha condotto uno studio in proposito pubblicato sull' American Journal of Cardiology, tra i pazienti con patologie alle arterie coronarie, chi possiede un animale ha un tasso di sopravvivenza maggiore di un anno rispetto agli altri. Nello studio è stato monitorato il cuore per 24 ore di 191 persone, tra i 60 e gli 80 anni, con diabete, ipertensione o colesterolo alto, di questi 4 su 10 aveva un animale e un battito cardiaco con una durata diversa, di 50 millisecondi in più o in meno; tra chi invece non aveva un animale, la diversa lunghezza del ritmo cardiaco era quasi assente, significando così una difficoltà maggiore ad adeguarsi ai cambiamenti di vita.

Uno degli aspetti che emergono subito nella mente di chi si approccia a questo fenomeno è legato all'attività fisica,è facile infatti pensare che un cardiopatico che deve portare fuori il cane più volte al giorno per la passeggiata possa star meglio rispetto a uno che il cane non ce l'ha, perché camminare fa bene ed è costretto a farlo. Ma ciò che risulta dallo studio condotto alla Kitasato University Kanagawa in Giappone, è che i benefici si hanno anche in quelle persone che coma animale possiedono un pesce, una tartaruga, un canarino o un iguana che non vanno di certo portati fuori.

Erika Friedman, non coinvolta nello studio ma esperta in materia in quanto decente alla School of Nursing dell'Università del Maryland,  dichiara che la ricerca fa compiere un passo avanti  a quanto già noto nella Pet therapy. Quest'ultima consiste in una terapia che integra e rafforza le terapie tradizionali in quei pazienti che non vogliono collaborare spontaneamente, ma che affiancate da un animale riescono a stabilire un canale di comunicazione tra paziente-animale-medico.
 

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