Fecondazione assistita: diagnosi preimpianto a spese del Servizio Sanitario Nazionale
Concepimento - Articoli
Scritto da Letizia Perugia     Venerdì 27 Settembre 2013 13:43 Stampa
fecondazione assistitaIl Tribunale di Roma, applicando i principi sanciti dalla Corte europea di Strasburgo, ha dato il via libera alla diagnosi preimpianto a spese del Servizio sanitario nazionale per una coppia di portatori sani di fibrosi cistica che intende fare ricorso alla fecondazione assistita.
 
Il caso è quello che riguarda una coppia romana che ha già un figlio affetto da fibrosi cistica e in vista di una seconda gravidanza, i coniugi hanno chiesto di poter fare la diagnosi preimpianto. 
 
Fecondazione In  Vitro

Il giudice Donatella Galterio, della prima sezione civile, accogliendo il loro ricorso d'urgenza ha stabilito il diritto dei signori Rosetta Costa e Walter Pavan a sottoporsi al procedimento di procreazione medicalmente assistita con trasferimento in utero della signora Costa. 
 
Questo previo esame clinico e diagnostico degli embrioni creati tramite fecondazione in vitro, solo degli embrioni sani o portatori sani rispetto alla patologia da cui sono affette le parti mediante le metodologie previste dalla scienza medica e con crioconservazione degli embrioni malati sino all'esito della tutela di merito. 
 
Da qui l'ordine all'Asl Rm A, o direttamente o avvalendosi di altre strutture specializzate, ad eseguire i suddetti trattamenti.
 
Questo via libera del Tribunale di Roma si basa sulla sentenza emessa a febbraio scorso dalla Corte di Strasburgo, secondo cui la legge 40 viola l'articolo 8 della Convenzione europea sui diritti umani. 
 
La pronuncia è la numero 26 contro la normativa italiana che regola la fecondazione assistita, come ricorda l'avvocato Filomena Gallo, segretario dell'associazione Luca Coscioni. 
 
La sentenza è stata definita storica sia perché supera la necessità di intervento della Corte costituzionale e disapplica direttamente, per la prima volta, una norma nazionale come la legge 40. 
 
Sia perchè non era mai successo prima che si decidesse che il diritto alle cure avvenga in una struttura pubblica.
 
La Corte europea dei diritti dell'uomo aveva bocciato la legge 40 perché “incoerente” nella parte che vieta la diagnosi preimpianto sugli embrioni.
 
Per questo lo Stato italiano era stato condannato a versare ai due genitori ricorrenti 15 mila euro a titolo di risarcimento per i danni morali subiti e 2.500 euro per le spese legali.
 
Ora la legge 40 subisce un altro pesante colpo (il diciannovesimo), una legge ritenuta opprimente e contro la salute delle donne, una legge dello Stato che dice alla donna: non puoi sapere se l'embrione è malato, sei obbligata a fartelo impiantare e poi, se è "difettoso", puoi abortire.
 
La scienza ha fatto passi avanti e offre la possibilità di evitare di mettere al mondo un figlio malato di fibrosi cistica, una malattia che riduce considerevolmente qualità e aspettativa di vita.
 
Ora in Italia sarà possibile, per una coppia portatrice della malattia, anche se fertile, ricorrere alla diagnosi pre-impianto, il tutto a spese dello Stato.
 
 

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