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Con l'iperemesi gravidica i bimbi rischiano deficit di sviluppo
Gravidanza - Articoli
Scritto da Letizia Perugia     Mercoledì 22 Aprile 2015 16:50    Stampa E-mail
GravidanzaL'iperemesi gravidica è caratterizzata da nausea e da violente e continue crisi di vomito che possono portare la futura mamma a non alimentarsi e idratarsi a sufficienza, in casi estremi necessita di un ricovero in ospedale, oltre che a un continuo monitoraggio.
 
Può inoltre causare disturbi come un distacco di retina o problemi all'esofago, può portare a un rischio tre volte maggiore per il bambino di andare incontro a deficit di sviluppo, causando ad esempio problemi di attenzione, disturbi e ritardi del linguaggio. 
 
Gravidanza Nausea

Il rischio aumenta se i sintomi si presentano prima della quinta settimana di gestazione, questo emerge da uno studio della David Geffen School of Medicine della University of California, pubblicato sulla rivista "European Journal of Obstetrics and Gynecology and Reproductive Biology". 
 
Lo studio ha esaminato 312 bambini nati da 203 madri con iperemesi gravidica tra il 2007 e il 2011 e 169 bambini nati da 89 madri che invece non ne soffrivano. 
 
Gli studiosi hanno riscontrato che i bambini esposti in utero ad iperemesi gravidica avevano un rischio 3,28 volte maggiore di andare incontro a problematiche come disturbi di attenzione, sensoriali e di apprendimento, oltre che ritardi linguistici.
 
Bisogna prendere sul serio l'iperemesi gravidica in modo che chi ne soffre possa ottenere un supporto nutrizionale subito, come spiega Marlena Fejzo, autrice della ricerca. 
 
Un risultato incoraggiante è che i ricercatori non hanno trovato alcuna correlazione tra i farmaci per il trattamento di questo disturbo e ritardi dello sviluppo neurologico, quindi si può ipotizzare che siano più probabilmente causati da carenza di nutrienti all'inizio della gravidanza.
 
Durante i primi tre mesi di gestazione circa l’80% delle donne in gravidanza soffre di nausee, in molti casi mattutine, talvolta più persistenti nel corso della giornata. 
 
Nel complesso si tratta di un disturbo fastidioso ma non preoccupante: anche quando i sintomi sono intensi non incidono sullo stato di salute generale della mamma e del bambino. 
 
In una piccola percentuale di casi (0,5-2% circa) il fenomeno può diventare invalidante, tanto da essere considerato una vera e propria patologia, nota come iperemesi gravidica (IG), che richiede un intervento tempestivo per evitare la perdita di importanti quantità di sali minerali e uno stato complessivo di sottoalimentazione.
 
Studi epidemiologici hanno rivelato che a soffrirne sono più di frequente donne giovani con una precedente storia di IG, diabete, depressione, disturbi tiroidei e patologie gastrointestinali sono considerati fattori di rischio. 
 
Numerosi studi hanno inoltre evidenziato una correlazione tra comparsa di IG e feto di sesso femminile, le cause dell’iperemesi non è stata ancora completamente chiarita, ma si ritiene sia il risultato di interazioni complesse tra fattori biologici, psicologici e socio-culturali. 
 
All’origine sono individuabili turbe del sistema neuro-vegetativo dovute a elevati livelli sierici di gonadotropina corionica umana (hCG) e di estrogeni.
 
Nelle forme più lievi è indicato utilizzare una serie di accorgimenti dietetici, come effettuare pasti salati “piccoli” e frequenti, assumere piccole quantità di acqua frequentemente nell’arco della giornata, evitare cibi grassi e piccanti, preferire cibi ad alto contenuto di proteine e di carboidrati. 
 
Si raccomanda inoltre di ridurre le attività stressanti, se la sintomatologia impedisse le normali attività quotidiane, si può ricorrere alla somministrazione di farmaci antiemetici. 
 
Sono disponibili inoltre terapie non farmacologiche (agopuntura del punto P6 Neiguan, fascia per acupressione al polso, acustimolazione), ma i dati disponibili sulla loro efficacia sono limitati.
 
Nelle forme più gravi è necessaria l’ospedalizzazione che permette l’idratazione endovena, la somministrazione di preparati multivitaminici (soprattutto tiamina), il controllo dei livelli plasmatici e urinari degli elettroliti e la somministrazione di terapie farmacologiche.
 
 
 

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