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Donne nel Mediterraneo: il mondo sommerso delle donne extracomunitarie in Italia
Donna - Articoli
Scritto da Eva Forte     Martedì 23 Novembre 2010 08:35    PDF Stampa E-mail
Donne nel MediterraneoGiovedì scorso la nostra redazione è stata invitata a una serata organizzata dal Rotary Club Roma Castel Gandolfo, dedicata alla Donna nel Mediterraneo, nello splendido scenario del Country Club Castel Gandolfo. Grazie alla testimonianza dell'On. Souad Sbai si è aperto, un po' per tutti i presenti, uno spaccato sulla vita delle donne extracomunitarie in Italia, in particolare di quelle provenienti dai paesi islamici.

A cappello della serata, la situazione causata da un eccessivo buonismo tutto italiano che ha creato una situazione di forte disagio per le donne immigrate, in balia di regole date da una nuova interpretazione della religione islamica in chiave decisamente estremista e lontana dal suo significato originario, e la lontananza dalla nazione e la famiglia di origine. Basta un dato a far sgranare gli occhi di tutti i presenti: delle 140.000 donne marocchine in Italia, solo tra il 4 e il 7% di loro ha una vita attiva nella società. E le altre?

L'Onorevole con il Presidente del Rotary Club Castelli Romani
Per capirlo facciamo un passo indietro, facendo sempre riferimento alle parole dell'On. Souad Sbai che ci parla dell'Associazione ACMID-Donna Onlus, Associazione della Comunità Marocchina in Italia delle Donne che nasce proprio per sua iniziativa nel 1997.

L'idea principale di questa Associazione era proprio quella di creare una maggiore integrazione e di sviluppare l’amicizia tra donne marocchine ed italiane e le relazioni culturali e sociali tra Italia e Marocco, attraverso il sostegno delle donne marocchine residenti in Italia.

I problemi principali che hanno dovuto affrontare in tutti questi anni gli operatori dell'ACMID-Donna sono stati legati alla violenza e alla analfabetizzazione delle donne marocchine troppo spesso rinchiuse nelle mura domestiche. Ed ecco che vediamo dove finisce quell'altissima percentuale di donne che arrivano in Italia e poi non lasciano più traccia.

Rinchiuse in casa, a vivere una vita di privazione senza nessuna tutela, cosa che non avverrebbe mai nella propria nazione, dove le donne sono tutelate e protette; qui viene sfatato il primo pensiero forse troppo generalista che possiamo avere in Italia, dato proprio dall'eccessivo buonismo verso le minoranze che hanno creato un modo di vivere estremista basato su una nuova religione che ha preso piede ed è nata proprio nel nord della nostra nazione.

Un esempio eclatante è il burqa, tanto discusso negli ultimi anni ad esempio in Italia e Francia, con il dubbio che porta la politica a decidere se permetterne o meno l'uso. C'è chi dice che vietarlo porta all'intolleranza religosa e chi invece fa notare come questa copertura integrale è una vera e propria gabbia che toglie ogni forma dando le sembianze di un fantasma ambulante. Ma cosa è poi il burqa? Le donne lo vogliono o sono costrette ad utilizzarlo? Permetterne l'utilizzo è una vittoria a favore delle religioni oppure, al contrario, è un'arma nelle mani di uomini estremisti che privano la donna della propria essenza?

Si potrebbe pensare all'ideale religioso, se lo fosse e alla voglia delle donne di portarlo, se fosse giustificato. Ma a quanto pare non è proprio così, anzi.

L'Onorevole ci parla poi delle donne che si presentano all'Associazione e ci ricorda i fatti pubblicizzati dai media sulle povere ragazze uccise come avvenuto a Novi (Modena) per Nosheen Butt: la ragazza e sua madre sono state massacrate inermi, con estrema ferocia a sprangate e poi lapidate dal padre e dal fratello minore di Nosheen, Humair. Il tutto senza che nessuno intervenisse o facesse sentire un grido di soccorso. La madre non ce l'ha fatta.

Il matrimonio dei genitori era stato combinato. Il padre le picchiava tanto che la madre era andata anche dai Carabinieri, senza però poi procedere con la denuncia. Nosheen era una brava ragazza, senza grilli per la testa, religiosa e osservante delle regole sul velo che usava sempre, anche per andare a scuola.

Il suo ideale di amore, che la accomunava alla madre da sempre infelice per questa mancanza di unione nel matrimonio, ha portato il massacro: si era infatti rifiutata di sposare il cugino scelto dal padre, perché lei voleva sposarsi per amore. Proprio per questo padre e figlio hanno inveito contro di lei e la madre che si era sporta in sua difesa.

Donna con il burqa
Storie impensabili, nel nostro paese, pensando sopratutto che se queste donne fossero rimaste nella propria patria probabilmente non avrebbero fatto questa vita di privazioni e di terrore. Perché siamo troppo buoni, o meglio "buonisti", ma verso chi detta le proprie leggi anche se poi si contrappongono alle nostre, anche se queste regole vanno contro l'essere una persona di ogni donna o quando si contrappongono in modo netto alla nostra stessa visione della vita.

Un buonismo che andrebbe ridimensionato, pensando che non tutte le culture e le religioni si possono accettare a 360°, soprattutto nel momento in cui vanno a scontrarsi contro i nostri ideali e le nostre leggi e sono le prime a non rispettare quello che è l'Italia, nello specifico, altrimenti si va incontro al fallimento della multirazzialità, trainato dall'errata interpretazione di un credo religioso che negli stessi paesi islamici sarebbe condannato.

Cosa dire ad esempio, delle violenze consumate contro queste donne, sommerse nella propria realtà di "non-essere" socialmente visibili? Basti pensare alla storia della donna costretta a portare il burqa dal proprio marito perché in questo modo copriva le ferite delle percosse che subiva quotidianamente.

Parlando del burqa, l'On. Sbai suggerisce poi di provare noi a portarlo per capire poi quanto questo possa essere voluto dalle donne stesse, annientate dietro al velo che le chiude completamente al di fuori del mondo reale.

Quello che ci ha sorpreso, sentendo anche gli interventi degli ospiti Rotariani presenti alla serata, è il desiderio principale delle donne che si rivolgono all'Associazione ACMID, ossia il voler tornare in patria, luogo dove godrebbero della tutela delle istituzioni e della famiglia, mentre qui sono praticamente abbandonate a sé stesse.

Certo, la cosa ci stupisce e non poco, proprio perché la nostra convinzione è che la vita delle donne, in qesto caso marocchine, è quella che vediamo - o per meglio dire non vediamo - qui in Italia. Ma non è così.

Qui da noi ci sono molte più donne che portano il velo che non nelle nazioni di origine, proprio perché c'è molta ignoranza verso le altre culture, tanto da accettare e prendere per buono tutto quello che è poi sola apparenza.

Senza poi parlare della deprecabile pratica dell'infibulazione: una mutilazione che, come ci fa notare l'On. Souad Sbai, non è proprio conosciuta come pratica nei paesi di origine mentre poi viene conosciuta proprio qui in Italia e spesso proposta - anche se è vietata - proprio come pratica religiosa. Un'aberrazione che piega ulteriormente l'essere donna, portandola fino all'annullamento sessuale e di identità.

Ma allora qual è la ricetta per risolvere questo problema? Una vera soluzione non esiste, ma c'è l'attività di divulgazione di persone come l'On. Sbai che cercano di fare breccia nel silenzio colpevole dei media del nostro paese, troppo spesso intenti a condannare superficialmente questo o quel presunto gesto di razzismo o xenofobia, senza considerare che spesso, una volta tornati a casa qui in Italia, queste presunte vittime diventano dei carnefici.

Comprendere come vivono davvero le comunità straniere nel nostro Paese vuol dire non soltanto entrare nell'ottica di un rispetto reciproco, con la conseguenza di un arricchimento culturale e umano che non ha pari, ma anche evitare che gli abusi e le ingiustizie contro cui le generazioni che ci hanno preceduto hanno dovuto combattere fino a scacciarle, ritornino nelle nostre città in una forma ben più radicale e sommersa e, per questo, molto più pericolosa.

Per aiutare a cambiare le cose, favorendo una nazione multiraziale ma dove non ci siano estremismi, dobbiamo in primis capire che quello che accade in Italia non è parte della loro cultura ma un vero e proprio estremismo che va fermato, per il bene di queste donne e della loro progenie.

Approfondimenti: Sito web ACMID-Donna
 

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