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In aumento i casi di bimbi con hiv in Italia
Bambini - Articoli
Scritto da Angela Messina     Venerdì 22 Luglio 2011 15:42    PDF Stampa E-mail
bambiniDurante la Conferenza Internazionale sull'Aids, tenutasi nei giorni scorsi a Roma, si sono messi a confronto seimila medici e studiosi di tutto il mondo, impegnati nel tentativo di scrivere una nuova pagina nella lotta alla malattia scoperta 30 anni fa. Il tema caldo di quest'anno è il diverso utilizzo dei farmaci antiretrovirali usati finora per la cura, ma da nuovi studi considerati decisivi come arma della prevenzione  per ridurre la diffusione del virus soprattutto nei Paesi in via di sviluppo.

In occasione della Conferenza, il Centro Operativo Aids ha reso noti i dati aggiornati della situazione in Italia. Dal 1982, anno della prima diagnosi di aids in Italia, al 31 dicembre 2010, sono stati notificati 62.617 casi di malattia. Di questi il 77,3 per cento riguardavano persone di sesso maschile, l'1,2 per cento in età pediatrica o con infezione trasmessa da madre a figlio e l'8,5 per cento erano stranieri. Anche se di Aids si parla sempre meno, nel 2009 ci sono state ancora 2.588 diagnosi con un'incidenza pari a sei abitanti ogni 100mila. Mentre nel 2010 sono stati 1.079 i nuovi casi. Nel complesso oggi in Italia ci sono 160mila sieropositivi e 20mila malati di Aids.


in Italia in aumento i casi di bambini affetti da hiv
La concentrazione è maggiore al centro-nord rispetto al sud e alle isole. In particolare la più alta è stata registrata in Emilia Romagna, seguita da Lombardia e Lazio. Mentre la più bassa in Calabria. Aumenta l'età media al momento della diagnosi, passando da 26 anni per i maschi e 24 anni per le femmine nel 1985 a, rispettivamente, 39 e 36 anni nel 2009.

Il risultato è che il 66,2 per cento del totale dei casi, si concentra nella fascia d'età 30-49 anni. In particolare è aumentata la quota di casi nella fascia d'età 40-49 anni. Non solo, cambiano anche le categorie di trasmissione: diminuiscono i tossicodipendenti (dal 74,6 per cento nel 1985 al 5,4 per cento nel 2009) e crescono i casi attribuibili a trasmissione sessuale (omosessuale ed eterosessuale) passati dal 7,8 per cento nel 1985 al 79 per cento nel 2009. Nel 2009, ancora, quasi una persona su tre, fra gli hiv positivi, è risultata di nazionalità straniera. Nel 2010 quasi il 60 per cento dei nuovi casi di aids ha scoperto di essere sieropositivo molto tardi, in concomitanza con la diagnosi di aids conclamato.

In aumento la propagazione del virus per via parentale. Un problema particolarmente radicato nei Paesi poveri e in via di sviluppo ma, che non risparmia però l’Italia. Nel nostro Paese sono circa 900 i bambini e adolescenti sieropositivi. Seguiti dalle strutture del sistema sanitario nazionale, fanno la terapia e stanno bene, pur dovendo lottare con gli effetti avversi dei farmaci antiretrovirali. Ma questo numero è destinato a crescere anche per l’arrivo di bimbi, figli di migranti, che si sono infettati nel loro Paese di origine.

Carlo Giaquinto, coordinatore della rete pediatrica europea per la cura dell’Aids afferma che ogni anno sono circa 500-600 le gravidanze di donne sieropositive, quindi a rischio di trasmettere la malattia al nascituro. «I rimedi preventivi ci sono - osserva l’esperto - ma anche da noi molte donne sfuggono alle maglie della prevenzione, quindi non fanno la terapia antiretrovirale in gravidanza e scoprono solo dopo il parto di essere sieropositive».

Spesso, specie nel caso delle migranti, non si riesce a incanalarle nel percorso preventivo nemmeno durante il periodo dell’allattamento. L’accesso ai servizi prenatali per queste donne a rischio di trasmissione verticale è molto minore di quello delle donne italiane. Gli ostacoli possono essere di ordine culturale, ma è anche la scarsa conoscenza della lingua che rende difficile il rapporto con il personale sanitario. Quindi, si verifica il paradosso che le puerpere ad alto rischio hanno meno possibilità di essere intercettate.

Si comprende che c’è molto da lavorare sul fronte delle infezioni femminili anche guardando al quadro globale. "Dopo 30 anni dall’inizio dell’epidemia - spiega la dottoressa Cristina Mussini del Policlinico di Modena -, sono quasi 16 milioni le donne affette da Hiv, la maggior parte in età fertile. Per queste ultime il virus è la principale causa di malattia e morte".

In Europa è in costante aumento il numero di donne con HIV: il 35 per cento delle nuove diagnosi riguarda la popolazione femminile. Ciononostante, i dati su efficacia, sicurezza e tollerabilità relativi agli antiretrovirali nelle donne sono scarsi, perché sono sottorappresentate negli studi clinici.
 

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